Per ipoacusia si intende una diminuzione della funzionalità uditiva, che può essere leggera, media, grave o profonda ed interessare maggiormente le frequenze più acute, quelle medie o quelle gravi.

Avere un calo sulle frequenze acute, ad esempio, vuol dire percepire con maggiore difficoltà anche i suoni che si trovano su quelle frequenze ( il suono di un violino, il cinguettio degli uccelli, il citofono, ma anche le voci femminili, quelle dei bambini, la “s”, la “f”, la “t”, il “th” inglese). Averlo sulle frequenze medie, invece, vuol dire fare una grandissima fatica a capire una normale conversazione tra persone. Avere un calo sulle frequenze gravi, infine, vuol dire non sentire la ventola del computer, il ticchettio di un orologio, ma anche e soprattutto il parlato a bassa voce o a distanza.

Nell’ottica della prevenzione, tutti dovremmo fare almeno una visita medico specialistica atta a valutare la capacità di sentire e capire, e questo non quando i problemi si manifestano, ma già a partire dai 40-50 anni. Ancora meglio se ripetiamo tali indagini ogni 5 anni, così da tracciare uno storico del nostro udito.

Solo il medico specialista può rispondere a questa domanda. La sua tempestiva diagnosi sarà fondamentale per decidere il da farsi.

L’audioprotesista è un tecnico laureato che, su prescrizione dell’otorinolaringoiatra, ha il delicato ed importantissimo compito di consigliare ed applicare gli apparecchi acustici più idonei a seconda dell’entità della perdita uditiva, dell’età, dello stile di vita e delle esigenze del debole di udito.

In parte ho risposto nella domanda precedente. Aggiungerei che i costi sono dati da molteplici fattori: le dimensioni; il processore digitale, più o meno veloce nell’elaborare le informazioni, a seconda della fascia di prezzo; il numero di frequenze che vengono elaborate (anche questo determinato dalla fascia d’appartenenza); Non ultimo, il lavoro dell’audioprotesista (assistenze, regolazioni, test audiometrici…), che è compreso nel prezzo d’acquisto, per tutto il ciclo di vita di un apparecchio.

Generalmente si prescrivono e si applicano sempre 2 apparecchi acustici. Questo non per un motivo commerciale o perchè non si vuole tenere in considerazione le esigenze estetiche dei deboli di udito. Più semplicemente perchè come accade anche nella vista, la situazione più frequente è che entrambe le orecchie presentino un calo uditivo. Magari una in misura maggiore dell’altra. Pertanto si interverrà con 2 apparecchi acustici regolati diversamente, in modo da compensare e bilanciare la perdita, favorendo la localizzazione del suono (cioè capire da dove il suono proviene) soprattutto in situazioni di ascolto complesse, come ad esempio in mezzo al traffico.

Gli apparecchi acustici sono delle protesi ed in quanto tali, proprio perchè devono “sostituire” un organo fondamentale come quello dell’udito, vanno utilizzate il più possibile. Più indossiamo gli apparecchi, più facciamo esperienza con gli stessi delle varie situazioni del nostro vivere quotidiano, dalle più semplici (stare a casa da soli o con 2-3-familiari), alle più complesse (centri commerciali, conferenze, concerti, televisione), più “alleniamo” il nostro udito. Il risultato di tale allenamento sarà una migliore capacità di discriminazione (distinzione) del parlato. Soprattutto nel rumore.

Assolutamente no. Non sono dei farmaci. C’è un adattamento del nostro cervello al modo di sentire attraverso gli apparecchi, che dovrebbe essere un modo di sentire vicino alla normoudenza. Se li porteremo regolarmente, almeno 10 ore al giorno, tutti i giorni, quando li toglieremo, pertanto, dovremmo avvertire una grande differenza. Un peggioramento del nostro modo di sentire e capire. Questo perchè ci siamo riabituati a sentire bene.

Troppo semplicistico. Io li definirei degli equalizzatori, semmai, attraverso i quali operare un “modellamento frequenziale” su misura e diverso da persona a persona. A differenza degli amplificatori, che alzano o abbassano tutto, suoni e rumori compresi, gli apparecchi acustici, invece, con la loro intelligenza artificiale, sono in grado di enfatizzare il parlato, comprimendo il rumore.

È dimostrato che più si tarda alla protesizzazione, più si va incontro ad un progressivo peggioramento della funzionalità uditiva. Infatti, non solo si sente meno, ma si può perdere anche il ricordo di quei suoni che non si sentono più da tempo, spesso senza neanche rendersene conto. Inoltre chi non sente, o sente meno, tende ad isolarsi. Nei casi più gravi, la conseguenza di questo isolamento può essere la depressione. Attraverso gli apparecchi acustici l’audioprotesista effettua una vera e propria terapia riabilitativa inviando al cervello stimolazioni tali da migliorare la capacità di sentire e capire.

Gli apparecchi acustici non hanno una scadenza. Generalmente ogni 4-5 anni vengono sostituiti per usura, o perché superati da modelli più performanti.